L’iperuricemia è caratterizzata da livelli di acido urico ematici al di sopra dei 6.8-7 mg/Dl ed è associata alla precipitazione di cristalli di urato monosodico a livello delle articolazioni con manifestazione della gotta, una dolorosissima forma di artrite infiammatoria molto diffusa nelle società occidentali come la nostra. Inoltre, studi degli ultimi anni, hanno evidenziato come elevati livelli di acido urico nel sangue siano anche associati ad un aumentato rischio cardiovascolare, a prescindere da altri fattori di rischio come ipertensione e diabete di tipo 2.
I livelli di acido urico nel sangue dipendono essenzialmente dal bilancio di 3 fattori:
Purine alimentari
Attività della xantina ossidasi
Escrezione renale di acido urico
Proprio per quanto riguarda l’alimentazione, le purine sono contenute soprattutto in alimenti di origine animale, specie in carne e pesce. Si riscontrano anche in alimenti di origine vegetale, ma vari studi, come ad esempio un lavoro pubblicato sulla rivista New England Journal of Medicine nel 2004, evidenziano come siano soprattutto le purine di origine animale ad essere associate ad un aumentato rischio di gotta. Anzi, alcuni studi evidenziano addirittura che le fonti di purine vegetali, come funghi, cavolfiori, spinaci, troppo spesso escluse da regimi alimentari volti a contrastare una potenziale iperuricemia, possano svolgere un ruolo protettivo nei confronti di questa condizione, probabilmente perché si tratta di alimenti caratterizzati da vitamine, fibre e antiossidanti, in grado di mascherare gli effetti delle purine contenute sull’acido urico.
Inoltre, questi alimenti vegetali, al contrario di quelli animali sono in grado di rendere più alcalino il pH delle urine. Il rene è coinvolto enormemente nell’omeostasi acido-base dell’organismo. Un pH urinario maggiormente alcalino è associato ad una maggiore escrezione di acido urico con una riduzione del rischio di iperuricemia. Non è un caso che soggetti vegetariani, a lungo termine, presentano livelli minori di acido urico rispetto agli altri.
In uno studio del 2003 pubblicato sulla rivista European Journal of Nutrition è stato visto l’effetto di un regime alimentare vegetariano, rispetto ad una tipica dieta occidentale (Western Diet) su 10 soggetti sani. I risultati hanno evidenziato come il regime vegetariano fosse associato ad una riduzione del 93% del rischio di cristallizzazione di acido urico rispetto alla dieta tipica occidentale.
Alimenti di origine animale invece associati ad una riduzione dei livelli di acido urico nel sangue sono rappresentati da latte e derivati. Gli studi evidenziano come coloro che consumano regolarmente latte e derivati presentano ridotti livelli di acido urico rispetto agli altri.
In un lavoro del 2013 pubblicato sulla rivista Plos One e condotto su 670 uomini e 1023 donne, è stato visto come a parità di consumo di carne e pesce, coloro che consumavano regolarmente latte e derivati presentavano livelli inferiori di acido urico rispetto agli altri.
Non a caso i vegani presentavano più acido urico nel sangue rispetto ai vegetariani, che in più, invece, consumavano latte e derivati.
Se da una parte elevati livelli di acido urico ematici sono associati ad un maggiore rischio di gotta e di patologie cardiovascolari, dall’altra livelli troppo ridotti sono invece associati ad un aumentato rischio di demenza e di patologie neurodegenerative.
Evidenze scientifiche, risalenti anche a più di 20 anni fa, dimostrano infatti come l’acido urico sia in grado di esplicare una potente azione antiossidante a livello cerebrale, un’azione molto simile all’ascorbato (vitamina C). In effetti, lo stress ossidativo sembra svolgere un ruolo chiave nella patogenesi di demenza, Alzheimer e Parkinson. In tutto ciò, l’acido urico si comporta come un diretto antiossidante di radicali liberi.
Uno studio di meta-analisi pubblicato nel 2013 sulla rivista Neurobiology Diseases ha evidenziato come pazienti affetti da Alzheimer presentassero una ridotta capacità antiossidante totale e ridotti livelli di acido urico rispetto a pazienti sani.
In pazienti affetti da Parkinson, come dimostrano evidenze scientifiche, i livelli di acido urico sono spesso inferiori rispetto agli altri, si aggirano intorno ai 4,5 mg/dL specie nell’uomo che nella donna. Questo rappresenta uno dei motivi per i quali non è consigliabile consumare latte e derivati in condizioni del genere, ovvero alimenti in grado di ridurre ulteriormente i livelli di acido urico ematici, riducendo di conseguenza la capacità antiossidante cerebrale.
Altri studi evidenziano come l’acido urico a livello cerebrale sia associato ad una riduzione delle interazione di placche beta-amiloidi, tipiche dell’Alzheimer ad esempio.
Dunque al fine di ridurre il rischio di gotta e al fine di preservare al meglio le funzioni cerebrali è consigliabile mantenere i livelli di acido urico tra 5 e 7 mg/D.
Nell’immagine sottostante, estrapolata da un recente lavoro di revisione, è evidenziato il ruolo neurotossico e neuroprotettivo dell’acido urico nei confronti di condizioni come Alzheimer, demenza e Parkinson.
Fonti:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30060474
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22923756
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23327969
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15014182
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https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15474873
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23867235
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23418557
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24247326