Il carcinoma al colon è uno dei tumori più diffusi nel mondo, specie nei Paesi industrializzati, dove è in crescente aumento negli ultimi anni.
Oltre alla componente genetica, è ormai risaputo come alimentazione e stile di vita siano fattori importantissimi nel modulare l’incidenza di patologie tumorali e, in particolare, nel caso del carcinoma al colon, condizioni come la Sindrome dell’Intestino Irritabile e il Morbo di Crohn, possono aumentare il rischio d’insorgenza di questa specifica neoplasia.
A svolgere un ruolo fondamentale in tutto ciò è proprio il microbiota intestinale le cui alterazioni, come dimostrano sempre più evidenze scientifiche, possono avere effetti negativi sulla salute, influendo anche sul rischio di carcinoma al colon.
Pensate che ci sono più di 100 trilioni di microorganismi che abitano il nostro intestino e che interagiscono costantemente con l’organismo: la rottura di questo equilibrio intestinale o potenziali alterazioni si riversano soprattutto sul corretto funzionamento del Sistema Immunitario.
Tutto ciò può essere causato da un'infezione, da un’alimentazione scorretta o da uno stile di vita errato. Tutti fattori il cui comune denominatore è rappresentato da uno stato infiammatorio intestinale continuo, che può avere effetti negativi sulla permeabilità della barrieta intestinale, originando eventi autoimmuni, o promuovendo trasformazione cellulare e quindi aumentando il rischio di patologie tumorali.
Proprio per quanto riguarda l'alimentazione scorretta, il consumo eccessivo di cibi processati è associato a significative alterazioni della microflora intestinale; tutto questo non solo per le quantità elevate di zuccheri, di grassi parzialmente idrogenati, e l'assenza quasi totale di fibre, ma anche per il contenuto di additivi alimentari, utilizzati per migliorare la consistenza degli impasti, garantirne friabilità e allungarne la conservazione.
In questo recente lavoro canadese pubblicato sulla rivista Nature Letters è stato visto come la presenza, anche a concentrazioni minime, di due noti additivi alimentari, presenti nella stragrande maggioranza dei cibi processati, è associata a infiammazione intestinale e alterazioni metaboliche in modelli animali.
E' stato riscontrato come i due additivi in questione, la carbossi-metil-cellulosa (E466) e il polisorbato 80 (E433), siano in grado di ledere lo strato di muco che riveste l’epitelio intestinale, aumentando la permeabilità intestinale e promuovendo l’entrata in circolo di batteri patogeni e, nello stesso tempo, di alterare la composizione del microbiota intestinale.
A tal riguardo, infatti, è stato visto come, in presenza dei due additivi, aumentavano le quantità di flagellina e soprattutto di LPS (lipopolisaccaride S), due agenti microbici dalle potenti attività pro infiammatorie, in grado anche di scatenare vimportanti risposte immunitarie.
Nel contempo è stato visto come la presenza di questi due emulsionanti, sia associata ad un'aumentata proliferazione cellulare a livello intestinale, evento in grado di spianare la strada all’insorgenza di potenziali tumori.
In tutto ciò, il risultato più sorprendente è che tutti questi effetti negativi sono stati letteralmente annullati e ribaltati, una volta eliminati questi due additivi alimentari.
Dunque uno studio importante che mentre da una parte conferma l’importante ruolo del microbiota intestinale nei confronti della salute dell’organismo, dall’altro evidenzia come la presenza di additivi alimentari, come questi emulsionanti, presenti nella maggior parte dei cibi processati, sia in grado di alterare l’equilibrio intestinale, di generare un dannoso stato infiammatorio persistente e di promuovere la trasformazione e la proliferazione cellulare incontrollata, aumentando, di conseguenza, il rischio di carcinoma al colon.
Fonti:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4716055/