Il Morbo di Parkinson è una condizione neurodegenerativa cronica che colpisce circa 10 milioni di persone nel mondo.
Stile di vita e abitudini alimentari, così come in tutte le condizioni croniche, sono in grado di influire su questa patologia. Riguardo all’alimentazione, gli studi evidenziano come la più forte associazione tra cibo e il rischio di questa condizione neurodegenerativa riguarda il consumo di latte e derivati. I latticini, infatti, rappresentano l’unico gruppo alimentare che è stato associato in maniera significativa ad un maggiore rischio di Parkinson e, tale correlazione, è confermata da cinque studi prospettici condotti su un numero importante di soggetti per decenni.
Quali sono i potenziali meccanismi alla base di tale associazione riscontrata?
Inizialmente non era stata trovata una reale spiegazione alla base di tutto ciò. Tuttavia nel 2016 fu pubblicato un lavoro sulla rivista Neurology riguardo al consumo di latte e perdita di neuroni nella substantia nigra, ovvero una zona del mesencefalo. In particolare sono stati analizzati i cervelli durante l’autopsia di soggetti tra i 40 e i 60 anni, dei quali erano anche state registrate le abitudini alimentari, ed è stata valutata la densità neuronale. I risultati hanno evidenziato come coloro che avevano consumato pochi o per nulla latticini presentavano una maggiore densità neuronale rispetto a coloro che ne avevano consumato abitualmente. Nello stesso studio viene evidenziato anche come, a parte i casi di Parkinson, coloro che bevevano 2 tazze di latte al giorno tendevano ad avere il 40% di neuroni in meno in quella regione critica del cervello. Tra i grandi consumatori di latte erano stati riscontrati residui di eptacloro epossido a livello cerebrale, questo fattore potrebbe spiegare l’associazione riscontrata tra il consumo di latte e il rischio di Parkinson.
Ma quest’ultima non è la sola spiegazione. Il latte, così come i formaggi, è un veicolo di una proteina chiamata alfa-sinucleina in grado di esplicare effetti neurotossici, tuttavia le evidenze non sono sufficienti per correlarne il consumo al Parkinson.
Potrebbe anche trattarsi del galattosio, uno dei due zuccheri semplici che compone il lattosio. Il lattosio, a livello intestinale, viene scisso in glucosio e galattosio. Quest’ultimo sembra avere effetti pro-ossidativi ed è in grado di indurre alterazioni biochimiche e neuropaologiche, simili a quelle riscontrate nel Parkinson, nelle cellule cerebrali di vari modelli animali, in quantità facilmente raggiungibili mediante il consumo di un paio di bicchieri di latte al giorno da parte dell’uomo. Inoltre evidenze dimostrano come i neuroni dopaminergici, quelli più importanti da preservare dal Parkinson, siano particolarmente vulnerabili al danno da galattosio.
Inoltre, in letteratura scientifica, si evince anche come il galattosio venga utilizzato sperimentalmente per indurre invecchiamento cerebrale, mediante stress ossidativo, nei modelli animali.
Non a caso, altri studi evidenziano come coloro che tendono a bere poco latte abbiano molto meno rischio di declino cognitivo rispetto ai bevitori usuali.
Fonte:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5691750/
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