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  • Dott. Daniele Basta

Cibo e infiammazione: quali alimenti possono scatenare o peggiorare uno stato infiammatorio


Il processo infiammatorio rappresenta una vera e propria arma a doppio taglio nel nostro organismo. Da una parte è un meccanismo messo in atto dal sistema immunitario contro sollecitazioni esogene come infezioni, fratture o endogene in occasione di danno tissutale o cellulare. Dall’altra, cronicizzando, dunque perdurando costante nel tempom, è un meccanismo che rivelarsi molto dannoso per l’organismo ed è associato ad un aumentato rischio di differenti condizioni patologiche.

In tutto ciò, l’alimentazione può contribuire in maniera positiva e in maniera negativa. In particolare, nel secondo caso, esistono alimenti che, se consumati in eccesso e regolarmente, sono in grado di causare, alimentare e peggiorare potenziali stati infiammatori. Di seguito alcuni esempi.


I cibi eccessivamente dolci o quelli caratterizzati dalla presenza di zuccheri aggiunti, specie sciroppo di glucosio, sciroppo di fruttosio, che spesso ritroviamo in merendine, creme spalmabili, cornetti, brioches, gelati, bevande dolci, succhi di frutta, biscotti ecc.. Questi composti, come dimostrano vari studi, sono associati a stati infiammatori di differenti condizioni patologiche e, soprattutto, sembrerebbero annullare il potenziale effetto antinfiammatorio di omega-3. La risposta insulinica elevata in seguito al consumo di alimenti eccessivamente dolci è un fattore in grado di peggiorare eventuali stati infiammatori.


Gli alimenti ricchi di grassi parzialmente idrogenati, come quelli riscontrabili nella margarina, presenti in grandi quantità in cornetti, brioches, creme spalmabili, merendine, ecc. Questi grassi, che vengono utilizzati proprio per rendere le merendine più soffici e apparentemente più gustose, come dimostrano innumerevoli studi, sono associati ad infiammazione e ad un aumentato rischio di differenti stati patologici. Non è un caso che l’FDA lo scorso anno ha obbligato le case produttrici americane ad abbandonare l’utilizzo di questi composti, tuttora presenti in Europa e in Italia, nel nostro bel cornetto mattutino.

Gli oli vegetali e quelli di semi, al contrario dell’olio extravergine d’oliva e dell’olio di cocco, vanno più facilmente incontro ad ossidazione in relazione all’esposizione alla luce e alla temperatura, causando la produzione di composti altamente infiammatori e procancerogeni: questo rappresenta uno dei motivi per cui è sconsigliabile friggere con questi oli. La frittura con questi oli è caratterizzata inoltre dalla produzione di elevatissime quantità di composti ossidati, di acreolina e acrilamide, dalle note proprietà infiammatorie e cancerogene.

Inoltre, questi oli contengono, oltre a piccole quantità di omega-3. anche quantità elevate di acidi grassi omega-6, che potrebbero contribuire ad alimentare eventuali stati infiammatori. Il processo di raffinazione di questi oli, potrebbe aumentarne inoltre le proprietà proinfiammatorie.


Un eccessivo consumo di bevande alcoliche, è associato livelli infiammatori aumentati nell’organismo. La capacità di metabolizzare l'alcol varia da soggetto a soggetto e un accumulo eccessivo di acetaldeide, un composto derivato dal metabolismo dell'etanolo, potrebbe scatenare o peggiorare uno stato infiammatorio. Inoltre, nei bevitori cronici, l'alcol contribuisce ad aumentare la permeabilità intestinale, permettendo ai batteri della microflora di invadere il circolo sistemico, promuovendo infiammazione.


La carne cotta ad elevate temperature e la carne processata, come salumi e wurstel, è associata ad una maggiore infiammazione. Entrambe queste tipologie di alimenti sono caratterizzate dalla produzione di prodotti glicati finali che possono alimentare eventuali stati d’infiammazione nell’organismo. Alcuni studi mettono in evidenza come proprio la risposta infiammatoria nei confronti di questi composti sia una delle cause scatenanti l’insorgenza del carcinoma al colon.



FONTI:

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25515398

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19890624

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12551878

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http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15051604

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26526061

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20083478

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20238396

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15306213

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