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  • Dott. Daniele Basta

Uricemia alta e gotta: ecco l'alimento che può aiutare a combatterle


Come ho ribadito più di una volta sono numerosi i lavori che evidenziano come il consumo di ciliegie sia associato ad una potente risposta antinfiammatoria nel nostro organismo. Ad esempio in uno studio pubblicato nel 2006 sulla rivista Journal of Nutrition è stato visto come il consumo per un mese di 45 ciliegie al giorno, da parte di uomini e donne sani, fosse associato ad una riduzione del 25% dei livelli di proteina C reattiva e ad una diminuzione significativa delle proteine infiammatorie RANTES, importanti marcatori dello stato d’infiammazione dell’organismo. Inoltre nello studio è stato visto come tali benefici antinfiammatori permanessero anche dopo il mese successivo, senza abbuffarsi però di ciliegie......Non vi nascondo che sarebbe un onore per me essere parte attiva di uno studio del genere!


Tuttavia il precedente era uno studio condotto su soggetti sani, con livelli d’infiammazione bassi in partenza. Ma cosa accadrebbe se tale attività antinfiammatoria delle ciliegie venisse testata su soggetti affetti da patologie cronico-infiammatorie, come nella maggior parte delle persone nelle realtà occidentali, con gli esorbitanti livelli di obesità, diabete, cardiopatie, tumori…o di iperuricemia ?!

La gotta è una dolorosissima forma di artrite infiammatoria, causata dalla formazione di cristalli di acido urico all’interno delle articolazioni, causa di gonfiore, arrossamento e dolore spesso al limite del sopportabile, così come riportano diversi testi.


Ebbene, secondo uno studio del 2012 pubblicato sulla rivista Arthritis& Rheumatism e condotto su 633 soggetti affetti da questa dolorosa condizione patologica, il consumo di 3 porzioni di ciliegie in due giorni è stato associato alla metà del rischio di avere attacchi di gotta.


Il tutto è semplicemente sorprendente se pensate che questo risultato è quello ottenibile attraverso un’alimentazione a basso contenuto di purine, importante strategia nutrizionale nel trattamento di tale condizione patologica. L’acido urico è un prodotto derivante proprio dal metabolismo di questi composti, contenuti soprattutto in alimenti di origine animale, tra cui soprattutto carne e pesce. Lo stesso gruppo di ricerca, curiosamente, in un altro lavoro del 2012, ha evidenziato come l’assunzione di purine di origine animale sia associato ad un rischio 5 volte maggiore di attacchi di gotta e quella di bevande alcoliche ad un rischio 2-2,5 maggiore. Non a caso è consigliabile in situazioni del genere limitare drasticamente l’introduzione di carne, pesce e di bevande alcoliche.


Dunque le ciliegie oltre a combattere le infiammazioni, potrebbero rivelarsi utili nel ridurre significativamente i livelli di acido urico nell’organismo e, come evidenzia uno studio del 2003 condotto dalla University of California, il tutto avverrebbe nel giro di 5 ore dal consumo di questi frutti.

Sottolineo, come questa particolare capacità non è attribuita soltanto alla semplice presenza degli antiossidanti, come le antocianine, nelle ciliegie, in quanto questi composti sono reperibili in qualsiasi altro frutto. In effetti nello stesso studio è stata valutata la stessa azione da parte di uva, fragole e kiwi, ma senza ottenere risultato (Vedi tabella in alto), a conferma del fatto che questa capacità anti-acido urico è associata soltanto alle ciliegie, sorprendente!


Oggi esistono diversi farmaci contro livelli elevati di uricemia, utili per combattere e prevenire l’insorgenza di attacchi di gotta. Molti di questi purtroppo sono abbastanza costosi e alcuni possono presentare effetti collaterali. Alla luce di tutte queste evidenze scientifiche, forse è il caso di focalizzare maggiormente l’attenzione sulla modifica delle abitudini alimentari, come la riduzione di carne e di bevande alcoliche, e, magari, sull’introduzione di qualche alimento funzionale, come appunto le ciliegie, che sicuramente a molti di voi, così come al sottoscritto, non dispiacerà di certo.

 

Fonti:

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21229414

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16549461

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23023818

http://ard.bmj.com/content/71/9/1448

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12771324

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23023794

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