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  • Dott. Daniele Basta

Demenza senile e declino cognitivo: ecco i benefici del caffè


È ormai risaputo come il caffè, ricca fonte di antiossidanti e di caffeina, oltre a possedere noti effetti stimolanti, contribuisca a migliorare le funzioni cognitive. A tal proposito in uno studio del 2014 pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience era già stato evidenziata l’associazione tra consumo di caffè e una migliore memoria a lungo termine. In modelli animali addirittura è stato visto come la caffeina espleti effetti positivi anche sui livelli delle placche Beta-amiloidi, tipiche dell’Alzheimer.


Un recentissimo studio ha confermato gli effetti benefici della caffeina a livello cerebrale, sottolineando come ,inoltre, questo composto, tipico del caffè, possa contribuire a ridurre e rallentare il declino cognitivo tipico della senescenza. Il lavoro, pubblicato sulla rivista The Journals of Gerontology, ha analizzato il consumo di caffeina, attraverso caffè, tè e altre bevande caffeinate, in un periodo di 10 anni da parte di 6455 donne con età superiore ai 65 anni. I risultati hanno evidenziato come ad un maggiore consumo di caffeina corrispondesse un minore rischio di declino cognitivo e di demenza senile.


In particolare è stato visto che rispetto alle donne che consumavano quantità minime di caffeina (64 mg al giorno), coloro che ne consumavano quantità elevate (circa 261 mg giornalmente, equivalenti a 3 tazzine di caffè al dì) presentavano il 36% di rischio in meno di diagnosi di demenza senile e di declino cognitivo.


Sicuramente tutto ciò rappresenta un’ulteriore prova di come la caffeina possa avere effetti positivi nei confronti della salute cerebrale in età avanzata, ma quali potrebbero essere i meccanismi alla base?


Di certo il caffè, come ho ripetuto più volte, rappresenta una delle migliori fonti di antiossidanti nella dieta occidentale di oggi. Questi composti sono fondamentali nel contrastare lo stress ossidativo alla base dell’invecchiamento cerebrale e delle patologie.

Nello studio però è stato ipotizzato come l’effetto benefico della caffeina sia correlato direttamente all'interazione con i recettori adenosinici a livello cerebrale, la cui espressione è significativamente aumentata durante l’invecchiamento e nelle patologie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson. Interagendo con questi specifici recettori, la caffeina causa oltre all'attivazione di cellule neuronali, anche vasocostrizione dei vasi cerebrali, ragion per cui è vero che il caffè in piccole dosi è ottimo nel contrastare il mal di testa, il rilascio di adrenalina, un ormone con numerosi effetti sul nostro organismo, tra i quali dilatazione delle pupille, aumento della frequenza cardiaca, aumento della pressione sanguigna e aumento dei livelli di glucosio rilasciato dal fegato.


Per saperne di più sugli effetti positivi e negativi della caffeina clicca qui.


Ricordo comunque che questa sostanza, così come evidenziano diversi studi, può creare una vera e propria dipendenza e non è indicata per i soggetti ipertesi, per le donne in gravidsanza, per coloro che hanno problemi di insonnia e per tutti quelli che soffrono di acidità gastrica e di reflusso gastroesofageo.


Tuttavia, quelli di questo studio rappresentano risultati importanti, che si aggiungono alle notevoli proprietà benefiche del caffè, soprattutto alla luce anche delle previsioni che vedono i tassi di demenza senile addirittura quadruplicare entro il 2050 .

 

Fonti:

http://biomedgerontology.oxfordjournals.org/content/early/2016/09/20/gerona.glw078.full#content-block

http://www.nature.com/neuro/journal/v17/n2/full/nn.3623.html

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