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Dott. Daniele Basta

Diete vegane improvvisate, ecco 5 errori comuni


Nonostante numerosi studi hanno evidenziato come un’alimentazione vegetariana o vegana ben bilanciata possa essere associata a numerosi benefici alla salute, tra cui un miglior controllo del peso e un ridotto rischio di patologie cardivoascolari e di alcuni tipi di tumore, sono sempre in molti purtroppo che decidono autonomamente di intraprendere questo regime alimentare andando incontro, a volta con molta facilità, purtroppo a vari tipi di errori con potenziali conseguenze sulla propria salute.


Ecco gli errori più comuni delle persone che improvvisano nel “fai da te” un’alimentazione vegana o vegetariana.


1. Pensare che tutti i prodotti vegan o vegetariani siano conseguentemente salutari

Non è la prima volta che lo scrivo. Purtroppo molti vegani o vegetariani tendono ad aumentare di peso inconsapevolmente a causa del consumo eccessivo di prodotti del genere. C’è la tendenza a credere che tutto ciò che sia vegan sia automaticamente salutare, invece nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di cibo altamente processato, ricco di conservanti e addensanti, spesso con quantità elevate di sodio e di zuccheri aggiunti e povero dal punto di vista nutrizionale, con quantità minime di proteine, fibre e micronutrienti. Alcuni esempi sono gli hamburger o i wurstel di soia, ma anche i sostituti del latte come la bevanda a base di avena, di riso o di soia, che spesso si ritrovano sul mercato con quantità esorbitanti di zuccheri aggiunti. Il mio suggerimento è quello di controllare (come sempre) con molta attenzione le etichette e gli ingredienti dei prodotti in commercio.


​2.Non riuscire ad introdurre quantità sufficienti di Vitamina B12 e/o di ferro

La vitamina B12 è fondamentale per la corretta produzione dei globuli rossi, per il metabolismo energetico e per la funzionalità neuronale, ed è contenuta principalmente in alimenti di origine animale, come carne, pesce, uova, latte e derivati. Nonostante possa essere presente in tracce in alcuni tipi di alghe, ancora rimane dubbia la sua potenziale biodisponibilità. Proprio per questi motivi, molti vegani e vegetariani “ai da te” sono ad alto rischio di deficit di vitamina B12 che, a lungo andare, è associato a stanchezza, problemi neuronali e, se non si interviene in maniera adeguata, ad anemia megaloblastica, una forma di anemia caratterizzata da una produzione insufficiente di globuli rossi. È fondamentale per coloro che decidono di intraprendere un regime alimentare del genere monitorare costantemente i livelli di vitamina B12 ed eventualmente, con l’aiuto di un nutrizionista, integrare in maniera adeguata.


Un discorso simile vale per quanto riguarda il ferro. Questo minerale è parte costituente di proteine ed enzimi coinvolti nel trasporto dell'ossigeno, tra cui l'emoglobina, ed è importante per la regolazione della crescita e della differenziazione cellulare. In caso di deficit nutrizionale di ferro i sintomi più comunemente avvertiti sono stanchezza, debolezza immunitaria e, a lungo andare, anemia sideropenica. Questo minerale, nella sua forma più biodisponibile, ovvero quella –eme, si ritrova in alimenti di origine animale; quello –non eme, che può essere presente anche in elevate quantità in alimenti vegetali come verdura e legumi, possiede una biodisponibilità ridotta. Tuttavia è importante sottolineare come esistano piccoli accorgimenti con i quali è possibile migliorare l’assorbimento di ferro da alimenti vegetali. Questo il link per saperne di più.


In tutto ciò bisogna tener presente che un piano alimentare ben bilanciato e monitorato nel tempo può benissimo soddisfare le richieste nutrizionali in ambito vegano o vegetariano


​3. Consumare quantità eccessive di carboidrati processati

È comune tra molti soggetti vegani o vegetariani compensare, soprattutto nei primi, l’assenza di alimenti animali, come la carne o il pesce, con un consumo eccessivo di carboidrati, specie quelli processati, come pane bianco, pasta, dolci. Si tratta di alimenti ad elevata densità energetica, spesso “denudati” di fibre e micronutrienti durante le fasi di processazione, il cui consumo, a lungo andare, può essere causa di aumento di peso. In questi casi sarebbe meglio sostituire il tutto con alimenti minimamente processati, come cereali integrali e legumi, in modo da apportare fibre, vitamine, minerali e in modo da migliorare l’impatto glicemico dei pasti, contribuendo nel contempo ad un miglior controllo del peso.


4. Mangiare troppo poco

Spesso per chi intraprende autonomamente un’alimentazione del genere, eliminando molti alimenti dalla propria dieta, è anche molto facile non raggiungere il fabbisogno calorico minimo giornaliero. L’organismo ha bisogno di uno specifico quantitativo di energia per soddisfare le proprie esigenze vitali e , qualora tale quantitativo energetico dovesse venir meno, si rischierebbero effetti negativi e dannosi alla salute come deficit nutrizionali, perdita di massa muscolare con conseguente rallentamento del metabolismo basale, aumento dei livelli di cortisolo e, soprattutto nelle donne, aumentato rischio di infertilità.

Purtroppo come dimostra uno studio del 2014 pubblicato sulla rivista Nutrients nella quale è stata comparata la qualità nutrizionale di vari tipi di regimi alimentari, i vegani tendono a mangiare 600 Kcal in meno rispetto agli onnivori.


Dunque è da tenere in considerazione anche un corretto introito calorico, soprattutto per chi segue un’alimentazione di questo tipo.


​5. Non introdurre quantità sufficienti di omega-3

Gli omega-3, ovvero i cosiddetti grassi buoni, sono importanti, come dimostrano varie evidenze scientifiche, non solo nell’ormai nota azione antinfiammatoria, ma anche nell’offrire protezione cardiovascolare e nel rallentare la demenza senile. Il deficit di questi acidi grassi polinsaturi, nella loro forma bioattiva EPA e DHA, è correlato ad un aumentato rischio di mortalità soprattutto nei paesi occidentali, dove invece è molto più elevato l'introito di acidi grassi omega-6, proifiammatori e inclusi in alimenti come gli oli vegetali, carni grassi e cibi fritti. Il rapporto ideale tra omega 3 e omega 6 dovrebbe essere in genere 1:1, pensate che nella tipica dieta occidentale è 1:20, condizione nettamente proinfiammatoria. Tra gli alimenti più ricchi c'è sicuramente il pesce azzurro, salmone, tonno, merluzzo, ma si trovano anche nella forma di acido alfa linolenico nella frutta secca. Purtroppo, da tenere a mente soprattutto nel caso di soggetti vegani o vegetariani, l’acido alfa-linolenico viene convertito soltanto per il 15% in DHA bioattivo, che risulta comunque insufficiente. (clicca qui per saperne di più)


Dunque, nonostante un’alimentazione vegana e vegetariana possa avere numerosi effetti benefici alla salute, è bene pianificarla ed effettuarla in maniera adeguata, con l’aiuto di un nutrizionista, evitando e scongiurando il modello “fai da te”, in modo da non cadere negli errori più comuni con conseguenze dannose sulla propria pelle.

 

Fonti:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3967195/

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12417096

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4042564/

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3999603/

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