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  • Dott. Daniele Basta

Come sarebbe se vivessimo senza consumo eccessivo di sale?


Circa due anni fa veniva pubblicato sulla rivista The Lancet un report che evidenziava come alimentazione scorretta e ipertensione fossero i due più grandi fattori di rischio di morte prematura in tutto il mondo. Purtroppo oggi la situazione non è cambiata, l’ipertensione resta una delle patologie croniche più diffuse al mondo e, soprattutto nelle realtà occidentali come la nostra, resta elevatissimo il consumo di alimenti processati ricchi di sale. La verità, dati statistici alla mano, è che mediamente si consumano il doppio delle quantità di sale raccomandate e a risentirne è soprattutto la pressione sanguigna.


Cosa accadrebbe se vivessimo invece in una società caratterizzata da un quasi nullo consumo di sale?

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Gli Yanamomo rappresentano una popolazione indigena situata nella foresta tropicale tra il nord del Brasile e il sud del Venezuela caratterizzata dal più basso consumo di sale mai riportato in letteratura scientifica. Come dimostrano i dati relativi ad uno studio del 75’ pubblicato su Circulation la loro pressione sanguigna aumenta fisiologicamente nella prima decade di età per poi rimanere costante durante tutto l’arco della vita, ovvero circa 100 di pressione sistolica e 65 di pressione diastolica. L’ipertensione è risultata praticamente inesistente!

In tutto ciò di certo influiscono un’alimentazione prevalentemente basata sul consumo di alimenti vegetali e povera do sodio, consumo di bevande alcoliche assente, un’attività fisica regolare, rarissimi casi di sovrappeso, tutti fattori che si riflettono in una pressione sanguigna costante durante l’arco della vita e molto distanti dallo stile di vita tipico occidentale dei nostri giorni, dove prevalgono sedentarietà e scorretta alimentazione.


Curiosamente il consumo di sodio, estremamente ridotto rispetto alla nostra tipica dieta occidentale, si riflette in un equilibrio omeostatico molto particolare caratterizzato dal riscontro di elevati valori di renina in questa popolazione. La renina è un enzima coinvolto nel sistema renina-angiotensina-aldosterone e, quando viene secreto, causa vasocostrizione, riassorbimento di sodio a livello renale, senso di sete, in poche parole, aumento della pressione sanguigna.


Il riscontro di valori elevati di renina nella popolazione di Yamamomo in completa assenza di ipertensione enfatizza l’importanza del ridotto consumo di sodio alimentare e di come elevati livelli di quest’ultimo possano influire sull’insorgenza di ipertensione alterando in maniera significativa l’equilibrio omeostatico dell’organismo.


Nell'immagine sottostante vengono rappresentati i valori, oltre che dell'escrezione urinaria di sodio, potassio, cloro e aldosterone, anche quelli relativi all'attività della renina e della pressione del sangue degli indigeni (cerchiati in rosso) e di soggetti controllo della realtà occidentale dell'epoca (cerchiati in blu). Si evincono differenze molto significative.

Una realtà come la nostra, il consumo enormemente maggiore di sodio attraverso alimenti processati, causa un'alterazione del sistema renina-angioensina-aldosterone con un conseguente aumento della pressione sanguigna che, cronicizzando, spiana la strada alla diffusa ipertensione.


Già nel lontano 58’ il dott. Lewis K Dahl aveva affermato sul New England Journal of Medicine : “in una società civilizzata come la nostra il sapore di sale non corrisponde alla necessità dello stesso”.


Oltre a ridurre il consumo di sale, Il mio consiglio è quello di limitare drasticamente il consumo di alimenti processati, come merendine, prodotti confezionati, salse, patatine chips, bevande zuccherate, ecc., e il consumo di insaccati e di formaggi, che rappresentano tra le più sottovalutate fonti di sodio “nascosto” e che molti ancora fanno veramente fatica a mettere da parte giornalmente. Dall’altra parte è consigliabile sostituire il sale da cucina con spezie ed erbe aromatiche, ricche di minerali, vitamine e soprattutto di antiossidanti, dai potenziali effetti benefici sulla salute.

 

Fonti:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/1132118

http://www.nejm.org/doi/pdf/10.1056/NEJM195806052582305

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3214830/pdf/kbr0034-0001.pdf

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