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  • Dott. Daniele Basta

Le patate fanno ingrassare?


Le patate sono l’alimento di origine vegetale più consumato nel mondo, soprattutto nelle realtà occidentali come la nostra, e il più delle volte il loro consumo è considerato come uno dei fattori colpevoli alla base degli aumentati tassi di obesità, diabete ecc.. tant’è che spesso vengono abolite totalmente nei regimi alimentari ipocalorici al fine di perdere peso o soltanto nel mantenimento di un peso in salute.

Molti le evitano totalmente dalla propria dieta giornaliera per timore di aumentare di peso.


Ma è realmente così? Sono un alimento da scartare completamente in un regime alimentare sano ed equilibrato o al fine di perdere peso?


La risposta è No, ovviamente se parliamo di patate come alimento NATURALE.


Le patate sono al giorno d’oggi l’alimento vegetale predominante nella società occidentale in termini di vendite, produzione e consumi e la loro facilità di coltivazione e di adattamento a vari tipi di clima le rende un alimento utilizzabile in tutto il mondo.


Nonostante ciò negli ultimi 50 anni se da una parte si è ridotto della metà il consumo di patate fresche “naturali”, dall’altra quello di patate processate, come quelle fritte o in busta, è aumentato di due terzi.


Stiamo parlando di due alimenti molto differenti da un punto di vista nutrizionale.


Generalmente le patate, proprio per quanto riguarda gli aspetti nutrizionali, visto il contenuto di carboidrati (approssivatimente 75 % del peso a secco, corrispondenti al 90% del contenuto energetico totale), sono considerate un alimento calorico, rispetto ad altri alimenti contenenti carboidrati vegetali come pasta o riso.


Peccato che nella maggior parte degli alimenti processati contenenti patate, consumati nella società occidentale come la nostra, più della metà dell’energia contenuta appartiene a grassi aggiunti! In effetti senza l’aggiunta di grassi durante la preparazione il contenuto lipidico delle patate è dello 0.1% del peso a fresco.


I carboidrati presenti nelle patate sono amilosio e amilopectina, contenuti in un rapporto di 1:3 rispettivamente. Proprio per la sua struttura ramificata, l’amilopectina, presente in maggioranza, è più digeribile rispetto all’amilosio, dalla tipica struttura lineare; tutto ciò conferisce alle patate una maggiore risposta glicemica e per tale motivo, se consumate nel tempo in eccesso e con regolarità, possono promuovere un facile aumento di peso.


Tuttavia è importante sottolineare come l’impatto glicemico delle patate possa variare a seconda della cottura, e, se da una parte le patate calde hanno una maggiore digeribilità con un peggior impatto glicemico, dall’altra se riscaldate e poi lasciate raffreddare hanno un notevole miglioramento sull’impatto glicemico, grazie alla presenza di composti amido-resistenti.

Questi rappresentano composti che non vengono digeriti dagli enzimi del nostro organismo e non vengono assorbiti, giungendo integri a livello intestinale, dove vengono fermentati dalla flora batterica locale.


L’amilosio contenuto nelle patate, durante il processo di raffreddamento, è in grado di cristallizzare in una forma resistente ai nostri enzimi digestivi, senza essere assorbito dal nostro organismo.


Evidenze scientifiche sottolineano come il consumo di alimenti ricchi in questi composti aumenti la sensibilità all'insulina e diminuisca la glicemia postrprandiale. Dunque un'arma in più per i soggetti diabetici, anche se le concentrazioni efficaci variano da soggetto a soggetto, come confermano lavori scientifici. Avendo un ruolo simile alla fibra, questi composti possono promuovere a lungo andare la perdita di peso, aumentando il senso di sazietà, riducendo l'appetito e diminuendo di conseguenza l'introito calorico giornaliero.


Per quanto riguarda il contenuto proteico, nelle patate risulta ridotto, ma la qualità delle proteine presenti è molto buona. Il valore biologico delle proteine all’interno di un alimento dipende dalla composizione amminoacidica e dalla digeribilità delle stesse e le patate, rispetto a molti altri tipi di alimenti vegetali, contengono proteine di una buona qualità biologica, nonostante le quantità siano ridotte. Ad esempio, se paragonate a pasta, riso bianco e mais, le patate sono l’unico alimento amidaceo contenenti in 100 grammi, le quantità raccomandate di lisina.


Inoltre, è importante sottolineare come le patate siano un’ottima fonte di micronutrienti tra cui vitamina C, vitamina b6, potassio, fosforo, magnesio e zinco e come presentino composti fitochimici dall’azione antiossidante.


Nonostante queste importanti qualità nutrizionali, le patate oggi, nella realtà occidentale come la nostra, sono consumate come alimento rigorosamente processato. Patatine in busta, patatine fritte, merendine a base di patate, sono soltanto alcuni esempi di come questo alimento vegetale venga utilizzato e processato nelle produzioni industriali di cibo spazzatura, ipercalorico, fonte di sodio e di grassi parzialmente idrogenati, povero di fibre e di micronutrienti, il cui consumo eccessivo e regolare si rivela senza dubbio dannoso non solo sul peso corporeo, ma sulla salute intera dell’organismo.

Non stiamo sicuramente parlando delle patate come alimento naturale. Eliminare totalmente questo alimento dalla propria alimentazione giornaliera è qualcosa di insensato e privo di fondamento scientifico.


L’associazione tra consumo di patate e aumento di peso è da tenere in considerazione relativamente al consumo di alimenti processati ipercalorici contenenti patate e non all’alimento di per sé.


Dunque, in conclusione, le patate, mediante cottura adeguata, come bollitura e successivo raffreddamento, possono sicuramente far parte di un’alimentazione sana ed equilibrata, apportando benefici non solo dal punto di vista della sazietà, ma anche contribuendo a soddisfare il fabbisogno di importanti micronutrienti come potassio, vitamina C e magnesio.

 

Fonti:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3650512/pdf/393S.pdf

http://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/10408390903041996

http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1541-4337.2006.tb00076.x/abstract http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1464-5491.2010.02923.x/full http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8092089 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18031592 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19857367

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