Non solo la composizione nutrizionale, ma anche la struttura del cibo che mangiamo influisce sulle risposte ormonali e metaboliche e, in generale, sullo stato di salute dell’organismo. Non c’è da sorprendersi se i famosi cornflakes a base di mais e i fiocchi di riso abbiano risposte glicemiche di gran lunga più elevate rispetto al semplice mais o riso, e tutto questo indipendentemente dagli zuccheri aggiunti in questi cereali da colazione.
Evidenze dimostrano come in alimenti dalla stessa composizione nutrizionale, la struttura attraverso cui vengono introdotti può fare una grande differenza.
Ad esempio, se si confronta l’assorbimento dei grassi in seguito al consumo di burro di arachidi rispetto al consumo della stessa quantità nutrizionalmente equivalente di arachidi, si evidenzia come nel caso delle arachidi intere più della metà del grasso non viene assorbito, a differenza di quello presente nel burro di arachidi. A fare la differenza è proprio la struttura diversa di uno stesso alimento. Il consumo di arachidi per quanto bene possano essere masticate, comporta un’accessibilità limitata agli enzimi digestivi a livello intestinale con un ridotto assorbimento di grassi.
La struttura fisica del cibo non influisce unicamente sull’assorbimento dei grassi, ma anche su quello dei carboidrati.
A tal proposito, i fiocchi d’avena hanno un indice glicemico inferiore rispetto alla farina d’avena. Stiamo parlando di uno stesso alimento, ma con struttura differente. I fiocchi d’avena sono associati ad un picco glicemico e insulinico inferiore rispetto all’avena in polvere.
Tutto ciò è importante in quanto l’assorbimento troppo rapido dei carboidrati, come avviene ad esempio con lo zucchero, è in grado di innescare cambiamenti ormonali e metabolici che possono influire sull’introduzione calorica giornaliera, promuovendo nel tempo aumento di peso inconsapevole.
Un tipico esempio riguarda proprio i cereali da colazione. I metodi industriali di oggi utilizzati per produrre cereali da colazione, come l’estrusione, la soffiatura, ecc.., comportano una migliore digeribilità e un maggiore assorbimento dei carboidrati contenuti all’interno, causando risposte glicemiche e insuliniche elevate, indipendentemente dalla presenza o meno di zuccheri aggiunti.
Altro esempio riguarda la differenza di struttura tra pane e pasta, come spaghetti, caratterizzati entrambi da un unico ingrediente, ovvero il frumento. Le piccole bolle nel pane, dovute alla lievitazione, permettono un’aggressione maggiore degli enzimi digestivi, con un conseguente maggiore assorbimento dei carboidrati a livello intestinale, causando un incremento dei livelli glicemici e insulinici superiore rispetto a quelli in seguito al consumo di spaghetti.
Picchi insulinici elevati sono associati ad abbassamenti repentini dei livelli glicemici con conseguente aumento del senso di fame, e specie di cibi ad alto contenuto calorico, come dimostrano vari studi.
Gli alimenti con un indice glicemico inferiore stimolano un maggiore senso di sazietà e influiscono positivamente sull’introduzione calorica giornaliera, che risulterà più “controllabile”.
In un lavoro del 2014 i ricercatori hanno assegnato ai partecipanti tre diverse colazioni:
- Fiocchi d’avena
- Fiocchi di cereali glassati
- Acqua
Stesso contenuto calorico, a parte l’acqua. In seguito è stata misurata la quantità di cibo che i partecipanti hanno introdotto a pranzo, tre ore dopo la colazione. Coloro che avevano mangiato i fiocchi d’avena non solo erano molto più sazi e meno affamati, ma avevano introdotto di gran lunga molte meno calorie a pranzo rispetto agli altri. Invece, coloro che avevano mangiato i cereali glassati, presentavano più fame e avevano introdotto quantità di calorie maggiori rispetto al gruppo precedente e anche rispetto al gruppo che aveva introdotto solo acqua a colazione.
Questi sono solo alcuni esempi di come non solo la composizione nutrizionale, ma anche la struttura del cibo sia in grado di influire su risposte ormonali e metaboliche con conseguenze sullo stato di salute dell’organismo.
Fonti:
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/8622819/
https://www.karger.com/Article/Abstract/365933
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