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  • Dott. Daniele Basta

Qual è il miglior metodo di cottura delle verdure?

Aggiornamento: 6 apr 2022


La World Health Organization consiglia di consumare almeno 2 porzioni di verdura al giorno. Questo perché è ormai risaputo come un'alimentazione ricca di verdure sia correlata a minori rischi d'insorgenza di patologie cardiovascolari, ipertensione, obesità e cancro. Grazie al contenuto importante di vitamine, minerali, fibre e fitochimici, le verdure rafforzano ilsistema immunitario, combattono lo stress ossidativo e agiscono da potenti antinfiammatori. Ma qual è il miglior modo di cucinare le verdure per trarne i migliori benefici? Sicuramente tra i micronutrienti più instabili, spiccano la Vitamina C e le altre Vitamine del gruppo B, che essendo idrosolubili si disperdono facilmente nell'acqua di cottura. Utilizzando troppa acqua, come nella bollitura, gli alimenti perderanno molta tiamina, folati, vitamina B6, B12 e soprattutto molta vitamina C.

Secondo uno studio portato avanti dalla University of California, le verdure cotte, rispetto alle crude, perdono il 55% del contenuto iniziale di vitamina C. Anche parte dei polifenoli, potenti antiossidanti che ritroviamo nelle crucifere come spinaci e broccoli, vengono meno durante le fasi di cottura. L'acqua, insieme alla temperatura, può essere considerato il principale nemico dei micronutrienti durante la cottura, proprio per questo, al fine di disperdere meno vitamine idrosolubili e polifenoli possibili, sarebbe meglio preferire la cottura a vapore rispetto alla bollitura.

In caso di bollitura però si può rimediare utilizzando parte dell'acqua di cottura, dove ormai si saranno dispersi molti micronutrienti delle verdure, per poi utilizzarla per altre preparazioni come zuppe o minestre.


Sapete qual è l'ortaggio più sensibile alla perdita di nutrienti?

La risposta è il peperone. Secondo uno studio spagnolo del 2009, questo ortaggio quando cotto al forno perde, pensate un po', il 70% della sua capacità antiossidante. Dunque il sapore è sicuramente migliore, ma se arrostite i peperoni per ottenere più antiossidanti, sarebbe meglio cambiare modalità di cottura, come quella al vapore ad esempio.

Invece discorso a parte va fatto per le vitamine liposolubili come la vitamina A o come la E, che dopo la cottura diventano più stabili e biodisponibili; cosi come avviene per i carotenoidi contenuti negli alimenti rosso-arancioni, che aumentano il loro potere antiossidante in seguito alla fase di cottura, che nel contempo, rende maggiormente bioaccessibili un numero maggiore di minerali come calcio, magnesio e ferro. Non è un caso che si assorbe 6 volte più Vitamina A dalle carote cotte rispetto alle crude.


Come evidenziano alcuni studi, inoltre, sembrerebbe che cuocere le verdure implementerebbe la loro capacità di legare gli acidi biliari, promuovendo un maggiore effetto ipocolesterolemizzante.

D'altra parte è però anche vero che molte verdure possiedono molti più benefici quando consumate da crude: è il caso delle crucifere come cavolo, cavolfiore, broccoli che contengono un enzima chiamato mirosinasi capace di convertire i glucosinolati in isotiocianati, composti, questi ultimi, dalle provate proprietà antineoplastiche. Il calore distrugge questo enzima, il che significa che cuocere questo tipo di verdure riduce drasticamente la formazione di questi composti anticancerogeni.

La frittura ad elevate temperature, sia di alimenti vegetali che di alimenti animali, è stata associata ad un aumentato rischio cancerogeno, proprio a causa della formazione di amine eterocicliche e di acrilamide. Nonostante ciò, l'utilizzo di olio extravergine d'oliva, come dimostrano recenti lavori, è associata ad una maggiore quantità di antiossidanti e polifenoli nelle verdure sottoposte a frittura. Ciò non avviene utilizzando qualsiasi altro tipo di olio.

In conclusione, non è stato ancora ideato un metodo che impedisca al 100% la dispersione dei micronutrienti delle verdure. E' comunque fondamentale inserirle nella propria alimentazione per poter godere dei loro benefici giorno per giorno. Fonti: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24227349 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25798474 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19397724


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